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Ricordate il libro "L'isola del tesoro" di Robert L. Stevenson?
Nel suo magistrale romanzo, Stevenson sottolinea l’aspetto tipico del
cercatore d’oro: un’inesauribile avidità che spesso, nella ricerca
spasmodica del prezioso metallo, l’oro, lo porta ad inseguire miraggi o
a subire una morte violenta, magari depredato del prezioso bottino proprio
nel momento in cui lo si è appena trovato, da parte di altri cercatori
altrettanto avidi. A questa componente, se ne associa un’altra:
l’immaginazione, la fede cieca nelle leggende, il fascino che, da
secoli, ha ammantato storie di tesori perduti nel mare o sepolti sotto la
sabbia del deserto. Questo ha fatto si che, per tutto il XIX sec.
“cercatore d’oro” coincidesse spesso con “archeologo” e
soprattutto aree antiche come la piana di Giza, in Egitto, furono
perlustrate quasi palmo a palmo nella disperata ricerca di una tomba
faraonica ancora intatta, che potesse mostrare tutti i suoi preziosi
tesori.
ORO, RE
DEI METALLI PREZIOSI
Ma qual’è il fascino di questo metallo giallo? Associato al Sole in
virtù della sua lucentezza, l’oro (chiamato dagli indios sudamericani
“il sudore del Sole”), ha come formula chimica AU, sigla che deriva
dal latino “aurum”, cioè “alba lucente”. L’oro è un metallo
così malleabile che 30 gr possono dare luogo ad un filo lungo 30 km
oppure un foglio sottilissimo largo 50 m2. Può trovarsi sia in cima a
montagne di quarzo che nei meandri della Terra ma è comunque in grado di
suscitare passioni, adorazione e soprattutto cupidigia. L’oro e’
d’altra parte il Re dei metalli, inalterabile all’acqua, al fuoco e
pertanto sempre lucente anche dopo migliaia di anni. Anche l’argento e
il platino hanno caratteristiche simili, ma non così perfette.
Con la conquista delle Americhe, l’oro fece prepotentemente la sua
comparsa nella vita degli spagnoli, trasformando in realtà i sogni più
avidi e inimmaginabili dei conquistadores. Inviati dal Re di Spagna, che
aveva assolutamente bisogno del metallo pregiato per pagare le sue truppe,
all’epoca impegnate in lunghe ed estenuanti guerre soprattutto con il
nemico numero 1, l’Inghilterra, i conquistadores spagnoli, con la scusa
di convertire alla religione cattolica le popolazioni indie che si
trovavano in territori quali Messico, Cile e Perù, si facevano consegnare
tutto l’oro che quelle popolazioni possedevano in abbondanza. Tutti gli
oggetti e i gioielli maya, incaici e aztechi venivano quindi fusi per
creare lingotti oppure per coniare monete, quindi messi in botti di legno
e caricati su navi per il trasporto verso la Spagna. Questi viaggi però
non erano scevri di pericoli, dai pirati comandati dall’inglese Sir
Francis Drake, alle intemperie che le navi, dal punto di raccolta della
Florida, si trovavano ad affrontare.
ALLA
RICERCA DELL’ELDORADO
La caccia all’oro divenne una vera e propria febbre, così, nel Nuovo
Mondo, fu anche fondata una città, Jamestown, dove i coloni vi abitavano
esclusivamente per trovare il prezioso metallo per conto dei sovrani. A
Jamestown però non fu trovato nulla fino a quando fu casualmente scoperta
una singola pepita da 7 kg, da un ragazzo che aveva marinato la Messa. Non
fu riconosciuta però come tale e la sua famiglia la utilizzò come ferma
porta per poi venderla per 2,5 $. Presto però nascerà una nuova
figura, quella del cercatore d’oro.
Nel 1839 John Setter costruì un fortino dando lavoro a un centinaio di
persone. Voleva costruire un mulino per fornire tutti i beni di prima
necessità ai coloni ma per scavare il fossato per il mulino, fu notato un
pezzo d’oro. Setter tenne segreta la scoperta ma un suo operaio, che si
era fermato ad un saloon, non avendo contanti pagò con la pepita.
L’acquirente sparse la voce a S. Francisco che era stato trovato l’oro
così dall’Oregon iniziarono ad arrivare i cercatori. La popolazione
della California crebbe allora in modo considerevole, in una assurda corsa
al prezioso metallo, introducendo la regola che l’oro trovato
apparteneva al cercatore e non più al sovrano o al Conquistatore come
avveniva in precedenza.
CARATTERISTICHE
ZODIACALI DEL CERCATORE D’ORO
I segni di Terra, ed in particolare Toro (avidità) e Capricorno
(ambizione, desiderio di “lasciare un segno” nella Storia) sono
indubbiamente quelli che maggiormente predispongono alla ricerca del
metallo prezioso. Inoltre, secondo il “Dizionario di Astrologia” di H.
Gouchon, l’avidità sarebbe segnalata da cattivi aspetti tra Marte e
Giove, Mercurio in Ariete e leso.
Inoltre Nettuno in posizione forte, soprattutto congiunto ai Luminari o ad
altri punti importanti del Tema, aggiunge la ricerca fantastica,
l’illusione, il fascino per i tesori nascosti in mezzo al mare mentre
Plutone predispone maggiormente alla ricerca archeologica, ai tesori
nascosti nelle viscere della Terra.
SCHLIEMANN,
SULLE TRACCE DI OMERO
Heinrich Schliemann nacque il 6 gennaio 1822 nel piccolo villaggio di Neu
Buckow, in Germania. Il suo interesse al poema omerico “La guerra di
Troia” cominciò quando suo padre, un pastore protestante, gli regalò,
nel Natale del 1829, il libro di Ludwig Jerrer intitolato “Storia
Illustrata del Mondo”. I suoi sogni, però, si frantumarono quando suo
padre fu accusato di malversare i fondi della Chiesa ed Heinrich fu
costretto a lasciare gli studi.
Dopo varie peripezie, e aver speso i suoi guadagni per progredire nello
studio, soprattutto linguistico, sebbene finalmente stesse realizzandosi
il suo sogno di diventare ricco, Schliemann rimase uno spirito torturato
alla ricerca di una ricchezza sempre maggiore.
Più ricco diventava, però, e più Schliemann era paranoico, solitario,
con una paura sempre crescente che gli fosse rubata la sua ricchezza.
Trovò conforto allora nell'Odissea di Omero. Decise così di partire per
la Grecia e raggiungere Itaca, andando alla ricerca del Palazzo di Ulisse.
Usando Omero e le leggende locali come guide cominciò a scavare
sull'istmo dell'isola. Non avendo trovato molto ad Itaca, Schliemann si
mise alla ricerca di Troia che a quel tempo si credeva fosse a Bunarbashi,
ma Schliemann pensò che la collina vicina ad Hissarlik fosse un'area più
probabile. Finalmente, il 18 giugno 1872, Schliemann scoprì un
bassorilievo del dio Apollo che guida i quattro cavalli del sole. Sebbene
avesse promesso di dare la metà di quanto da lui trovato allo Stato
turco, esportò di contrabbando dal paese il bassorilievo che finì per
adornare il suo giardino per molti anni.
La prima scoperta di una certa entità avvenne il 4 agosto 1872 quando
vennero alla luce tre orecchini ed una spilla da abito entrambi d’oro,
accanto ad uno scheletro femminile che Schliemann pensò appartenere ad
una vittima del rogo di Troia. Nel maggio 1873 il suo equipaggio
trovò le fondamenta di un grande edificio in prossimità del quale
Schliemann rinvenne un tesoro più cospicuo che pensò fosse quello di Re
Priamo.
Il governo turco però, accertata la sua slealtà, pretese da lui la
restituzione di tutto quanto rinvenuto. Schliemann rifiutò e convinse il
governo greco a rilasciargli il permesso di scavare a Micene dove, usando
testi antichi e leggende locali, trovò altri tesori e due lapidi che lo
convinsero di aver riportato alla luce i corpi di personaggi mitici come
Agamennone e Cassandra.
Tornato a Hissarlik, il 21 ottobre 1878 trovò un piccolo nascondiglio che
conteneva diversi oggetti in oro, argento ed electrum. Questa volta
Schliemann fu capace di tenere solamente un terzo delle sue scoperte e il
Museo Imperiale di Costantinopoli chiese il resto. Heinrich
Schliemann rinvenne il suo ultimo tesoro nell’aprile 1879.
Capricorno con ben 4 pianeti nel segno (oltre al Sole anche Mercurio,
Urano e Nettuno). Nettuno riveste una posizione preminente, cong. al Sole,
oltre che ad Urano e Mercurio nonché in trigono a Marte. La Luna è
presumibilmente collocata in Cancro, all’opposizione così dello
stellium in Capricorno: il segno del Cancro sottolinea l’amore per il
passato, la storia, mentre l’opposizione ai pianeti in Capricorno
spiegherebbe le vicissitudini familiari prima e con le donne dopo.
Il NN si trova congiunto ad un pianeta importante, Venere, che forma molti
aspetti significativi. La natura di Venere sottolinea come i tesori
ritrovati da Schliemann fossero prevalentemente gioielli.
Nel suo Tema, l’avidità è segnalata dalla dura, doppia quadratura che
il Sole riceve sia da Giove che da Saturno. Proprio le lesioni di
Giove sono artefici della sua spasmodica ricerca di ricchezza, mai
saziata.
CARTER
E L’ORO SEPOLTO DI TUTANKHAMON
Ingaggiato per tre mesi dal British Museum, fu inviato, nell'ottobre del
1891, in Egitto come copiatore. Giunto successivamente a Tell El Amarna
ottenne di poter partecipare agli scavi trovando i frammenti della
statua di una regina, le fondamenta di un grande tempio e un anello da
sigillo appartenente a Tutankhamon, il faraone dimenticato.
Successivamente giunse a Luxor dove rinvenne il tempio della regina
Hatshepsut. Iniziati gli scavi nella Valle dei Re trovò l’ultima
dimora, già depredata, del faraone Thutmosi IV. Proseguendo rinvenne
anche la sepoltura dell’eccentrica sovrana Hatshepsut che lo rese
celebre.
Ma la sua scoperta più famosa fu indubbiamente il ritrovamento,
finanziato da Lord Carnavon, della tomba quasi intatta del faraone
Tutanhkamon.
La ricerca ebbe inizio a Luxor il primo novembre 1922. Sotto l’ingresso
sepolcrale di Ramses IV, liberate dalle macerie, vennero alla luce le
fondamenta delle capanne erette tremila anni prima dai costruttori di
necropoli. Carter le fece rimuovere, trovando così un gradino nella
roccia e, successivamente, ne disseppellì dodici, nonchè la parte
superiore di un portale murato. La malta millenaria recava impressi i
sigilli. Cinquanta centimetri più sotto comparvero anelli con il nome, il
segno del sole e lo scarabeo: Tut-ankh-Amon. Verso le quindici del 26
novembre 1922, a otto metri e mezzo dal portale d’ingresso apparve una
seconda porta sigillata dietro la quale emersero cose favolose: il tesoro
del faraone bambino.
Nato sotto il segno del Toro, con Sole, NN e Mercurio nel segno, Carter ha
una personalità decisamente testarda e perseverante, che gli ha
permesso di non desistere di fronte alle difficoltà fino al
raggiungimento del proprio obiettivo: trovare una tomba intatta di un
Faraone egizio. La fortuna e la determinazione sono garantite dal trigono
tra Giove, a 21° Vergine, con Plutone (i tesori nascosti nel ventre della
Terra), a 21° Toro e congiunto al Sole, a 18°. Saturno, presumibilmente
congiunto alla Luna, nel segno dell’Aquario, rafforza l’ambizione
mentre il quadrato secco ai pianeti in Toro gli ha causato i conflitti con
il Governo Egiziano.
Nettuno, anche se in Ariete, e’ comunque congiunto allo stellium
arietino: ancora una volta troviamo la sua impronta nella personalità del
soggetto che tende a inseguire sogni e fantasie. L’attrazione per
la storia, gli edifici in pietra (non dimentichiamo che a lui si deve
anche il ritrovamento del più grande tempio egizio, quello della regina
Hatsepsut), e’ segnalato dalla congiunzione Luna-Saturno in Aquario
mentre ancora una volta la congiunzione del NN al Sole richiama un destino
quasi karmico nella ricerca ossessiva di un tesoro nascosto.
MEL
FISHER E IL PIU’ GRANDE TESORO DEL MONDO
Il commercio con le colonie spagnole seguiva un sistema ben stabilito. A
partire dal 1561 e fino al 1748, due flotte ogni anno venivano spedite nel
Nuovo Mondo. Le navi portavano gli approvvigionamenti ai coloni e
tornavano poi indietro piene d’argento, oro, e derrate agricole per il
viaggio di ritorno in Spagna.
Le flotte salpavano da Cadice, in Spagna, all’inizio dell’anno,
seguendo la rotta approssimata che Cristoforo Colombo aveva tracciato
pochi anni prima. All’arrivo nei Caraibi, le due flotte si dividevano:
la flotta “Nueva España” continuava verso Veracruz, in Messico,
mentre la “Tierra Firme” si dirigeva verso Portobello, a Panama. Qui
le navi venivano scaricate ed il carico di argento e oro portato a bordo.
Per il viaggio di ritorno, la flotta si radunava all’Avana, poi risaliva
il Golfo, a nord, lungo la costa della Florida, prima di girare ad
est quando si raggiungeva la stessa latitudine della Spagna.
Queste flotte affrontavano molti ostacoli, i maggiori dei quali erano i
pirati ed i cicloni. Si sapeva infatti che la stagione degli uragani
cominciava a fine luglio, così per questa ragione la partenza doveva
avvenire prima di quel periodo. Inoltre, a protezione contro i pirati,
ogni flotta era dotata di due galeoni di scorta ben armati. La nave di
testa era nota come capitana mentre l'altro galeone, denominato amaranto,
era trainata sul retro.
Nel 1622, un nuovo galeone di 110 piedi, il “Nuestra Señora de Atocha”,
fu designato come amaranto della flotta “Tierra Firme”. Come scorta
militare, l'Atocha trasportava un’intera compagnia di 82 soldati di
fanteria per la difesa del vascello dagli attacchi e possibili abbordaggi
nemici. Per questa ragione, la Atocha era anche la nave scelta per i
passeggeri ricchi e trasportava una percentuale straordinariamente grande
di tesoro della flotta.
A causa, però, di forti ritardi dovuti alle ingenti operazioni di carico
la flotta “Tierra Firme” potè partire da Portobello solo il 22 luglio
1622. A Cartagena, l'Atocha ricevette un carico supplementare di tesoro:
molto oro e argento di produzione delle miniere locali e di Santa Fe’ de
Bogotá. Era ormai alla fine di agosto, proprio nella stagione degli
uragani, quando la flotta arrivò all’Avana.
Il 4 settembre, domenica, con tempo quasi perfetto, fu deciso di prendere
il largo per la Spagna. Le ventotto navi della flotta levarono l’ancora
ed in fila indiana si diressero a nord, verso le Florida Keys e la forte
corrente del Golfo. L'Atocha, appesantita dal suo carico, prese la
posizione assegnatale sul retro. Alla sera, il vento cominciò a soffiare
da nord-est, crescendo di intensità durante la notte. Allo spuntar
del giorno le onde del mare erano alte come montagne e per sicurezza, la
maggior parte dei passeggeri era sottocoperta col mal di mare o in
preghiera. Per tutto il giorno seguente, il vento spostò a sud la maggior
parte della flotta, oltre la Secca della Tortuga e nelle acque
relativamente sicure del Golfo del Messico.
L'Atocha, il Santa Margarita, la Nuestra Señora del Rosario e due
vascelli più piccoli, tutte in coda al convoglio, ricevettero il pieno
impatto del temporale e non furono così fortunate. Con le loro vele
ridotte a brandelli, gli alberi abbattuti o rotti, le navi andarono alla
deriva senza speranza verso le scogliere. Tutte le cinque navi andarono
perse. L'Atocha, che fu alzata da un'onda, si fracassò violentemente su
una scogliera di corallo e affondò immediatamente, trascinata sul fondo
dal suo carico pesante costituito da tesoro e cannoni.
Il giorno seguente, una piccola nave da carico troverà cinque superstiti
dell’Atocha che ancora si aggrappavano al relitto della nave. Erano
tutto ciò che restava di 265, tra passeggeri ed equipaggio. Subito
iniziarono i tentativi di recupero dell'Atocha, che fu localizzata a 55
piedi di profondità, con la cima del suo albero a vista. La Nuestra Señora
del Rosario fu trovata in acque poco profonde e fu relativamente facile da
recuperare, ma gli altri vascelli non poterono essere recuperati. Mentre
coloro che avevano salvato i naufraghi erano all’Avana per ottenere
l'attrezzatura corretta per recuperare il tesoro dell'Atocha, un secondo
uragano devastò l'area e lacerò definitivamente la struttura superiore e
gli alberi della nave. Quando questi ritornarono, nessuno sapeva dove il
naufragio era avvenuto. I tentativi si protrassero per i successivi 10
anni ma si dimostrarono inutili. Il Santa Margarita fu scoperto nel 1626 e
molto del suo carico fu recuperato negli anni successivi. Ma, tempo ed
eventi annullarono lentamente i ricordi dell'Atocha. Il registro della
nave trovò posto nell'Archivio delle Indie a Siviglia, in Spagna, e fu
dimenticato per secoli.
Nel 1942 fù sviluppato l’autorespiratore che consentì
successivamente negli anni 60 la scoperta di dieci imbarcazioni della
flotta spagnola del 1715 naufragate vicino a Vero Beach, Florida. Questo
grande ritrovamento, altamente pubblicizzato, condotto dalla Real Eight
Corporation, accese un interesse senza precedenti nel recupero di galeoni
coloniali spagnoli, tuttora molto forte. Fu questo evento che scatenò la
fantasia di persone come Mel Fisher.
Dopo avere partecipato all'operazione di recupero della flotta del 1715,
Mel formò, una compagnia chiamata Treasure Salvors e cominciò a cercare
il leggendario tesoro dell’Atocha. Il suo sforzo durò un periodo
di sedici anni, dal 1970 al 1986 ed è di per sé un libro. Giunse alla
riscoperta del Santa Margarita nel 1980 e dell’Atocha il 20 luglio 1985:
la sua carcassa giaceva ad una profondità di 55 piedi, precisamente come
registrato dai primi soccorritori nel 1622.
Mel Fisher nacque il 21 agosto 1922, a Hobart, nello Stato
dell’Indiana. Sole, Nettuno e, presumibilmente, Luna nel segno del
Leone, non poteva che essere attratto irresistibilmente dal metallo,
l’oro appunto, da sempre associato al quinto segno dello Zodiaco.
Nettuno è in trigono a Marte, in Sagittario: il grande idealismo e
immaginazione di Mel, diventano energia e forza fino al raggiungimento
degli obiettivi previsti. Con il carisma tipico di molti Leoni,
infatti, è riuscito a coinvolgere nel suo progetto di ricerca molte altre
persone ottenendo la loro collaborazione a livello gratuito,
permettendogli di effettuare ricerche per ben 16 anni prima
dell’eccezionale ritrovamento.
La congiunzione di Saturno al NN suggerisce quasi un “compito karmico”
per Mel che ha dedicato gran parte della sua vita alla raccolta di
informazioni prima e alla ricerca sistematica poi del galeone spagnolo
Atocha. Saturno è anche congiunto a Venere e Giove, questi ultimi in
sestile alla possibile congiunzione Luna-Nettuno, assicurando un felice
epilogo della ricerca di Mel per una notevole dose di fortuna.
di Laura
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